Cosa è successo al Cine Astor, un tempo fiore all'occhiello della città di Agrigento? Le vetrate sbiadite sono un triste spettacolo per chiunque passi di fronte a questo luogo, un tempo vivo di emozioni.
Le risate, gli applausi, le lacrime, tutte le emozioni che solo il cinema sa regalare, erano amplificate da quelle mura che sembravano custodire segreti e storie di vite che si intrecciavano.
Poi, piano piano, le sale si sono svuotate, i film sono stati sostituiti dalle piattaforme e dagli streaming online.
Il cinema Astor è rimasto lì, come un monumento alla nostalgia. E ogni volta che passo di fronte a questo vecchio edificio, sento un nodo alla gola, una malinconia che stringe il cuore.
Chissà se l’Astor rinascerà in questa che è la Capitale della Cultura, se verrà riaperto e restituito alla città o se rimarrà solo un ricordo de “Gli anni più belli”.
lunedì 3 giugno 2024
Un libro per tutti i sognatori.
Non a caso il sottotitolo di Le notti bianche, una delle opere più amate e lette di Dostoevskij insieme a Delitto e castigo, è Romanzo sentimentale. Dai ricordi di un sognatore. Ma i veri protagonisti di questa storia sono Pietroburgo, la ringhiera di un canale e una panchina. Sono loro a fare da sfondo alle notti bianche del sognatore.
Il sognatore, di cui non conosciamo il nome, vive isolato dal mondo e dagli uomini, assorto in se stesso, ama leggere qualsiasi genere di libro e questa lettura gli permette di evadere dalla realtà. L’incontro con Nasten’ka accende in lui quel fuoco che solo gli innamorati sanno provare. Un sodalizio che dura poco.
Il tempo di 4 notti.
La prima notte per assaporare la bellezza del primo incontro.
La seconda notte per ascoltarsi.
La terza notte per attendere.
La quarta notte per tornare brutalmente alla realtà.
L’illusione di poter essere un giorno ricambiato si sbriciola molto presto. Ma non importa, il sognatore è grato a Nasten’ka per avergli donato, nonostante le promesse disattese, un istante di autentica felicità.
Come lei stessa gli ricorda: Se ami non ricordi a lungo un’offesa.
“Ready player one”, per la regia
di Steven Spielberg, nelle sale cinematografiche in questi giorni, tratto dal
romanzo dello statunitense Ernest Cline “Player one” del 2010, è la nuova
versione della trasposizione del concetto di “realtà virtuale” al cinema.
Ѐ sempre una bella notizia
l’ingresso di un nuovo autore nell’ampio, variegato e combattivo mondo del thriller. Notizia ancor più bella quando
l’autore è italiano.
Carlo Bianchi ha tutte le
carte in regola per ritagliarsi uno spazio importante nella narrativa
poliziesca e “Bloody Facebook”, il suo romanzo d’esordio, ne costituisce un
buon biglietto da visita.
«Non volevo arrivare a questo. Ma quella cosa. Non
riuscivo a cancellarla dalla testa, quella cosa.» «Cosa?» «La bestia!»
Roma non è “Caput Mundi”, il barocco e Bernini sono
cancellati, la Chiesa è colpevole. Roma vive nei residuati archeologici che
hanno il nome di Mattatoio e Gasometro; il Tevere non è più biondo ma rosso
sangue.
Tinte forti; immagini crude,
senza filtri: “Ѐ così che si uccide”.
E la pioggia non è
rinfrescante, ristoratrice, sostentamento; al contrario è sporca, è
martellante, incupisce chi ha la sventura di subirla.
La vita, il bene: trionfano
sempre? Cosa succede quando l’Ombra prende il sopravvento su di loro?
Enrico Mancini lo sa bene;
anche l’assassino lo sa.
Mancini e l’assassino: due
esistenze le più diverse ma, paradossalmente, vicine; pericolosamente più
vicine di quanto si possa immaginare.
Profiler (con
specializzazione negli U.S.A.) l’uno, persona comune l’altro; eppure entrambi sanno che “Non è una parola, il dolore. Ѐ corpo, ha un nome e una forma.”
Per gli amanti delle
definizioni “Ѐ così che si uccide” rientra in quella di thriller psicologico: invero, come una partita di scacchi, pagina
dopo pagina, si assiste al tentativo del Nero (colore de “L’Ombra”) di
attaccare la mente del Bianco (il “buono”?), ognuno secondo il suo schema; capitolo
contro capitolo; carattere corsivo contro carattere normale.
L’unico arbitro riconosciuto
dalle parti è il Tempo, peraltro nemico di entrambe.
Non ci sono vincitori nel
romanzo di Mirko Zilahy; o forse sì, se ”vincitore”
lo si vuole intendere nell’accezione più ampia del termine.
In realtà, un vero, autentico
vincitore c’è: è il lettore. L’Autore non fa altro che accendere il semaforo
verde e lui, il lettore, si trova catturato dal ritmo perfetto della
narrazione, dalla scrittura precisa, lineare, da un uso corretto, sapiente
delle parole. Sì, Mirko Zilahy scrive bene: niente scivoloni, nemmeno nel
finale (la chiusura è, infatti, da sempre la parte più difficile in romanzi
come questo), ma barra sempre a dritta e timone saldo nelle sue mani. La
controprova? A tacer del colpo di scena magistralmente inserito (vero Ispettore
Comello?), sono Giulia Foderà, Caterina De Marchi, Antonio Rocchi, Carlo Biga,
il citato Walter Comello, ma anche Vincenzo Gugliotti, gli assi nella manica
del Nostro: donne e uomini in trincea (Gugliotti forse un po’ meno…), fatti di
carne e ossa, con le loro paure, i loro difetti, le loro intuizioni; donne e
uomini tra loro diversi ma che le vicende che sono chiamati a condividere li
avvicina, li fa crescere… in una parola: sono donne e uomini credibili.
Sì, “È così che si uccide” piace.
Piace perché costringe il
lettore a stare all’erta, a non mollare, a ragionare.
Piace perché spinge tutti noi
a interrogarci sulla bontà delle nostre scelte, sulla correttezza di chi
dovrebbe prendersi cura di noi e non lo fa, su ciò che ci circonda: ambiente,
risorse e loro uso e sfruttamento.
Piace perché ci fa capire
che, in fin dei conti, ognuno di noi può diventare il “cattivo”, l’Ombra,
l’assassino.
A quanto detto rimane ben
poco da aggiungere se non fare i complimenti a Mirko Zilahy: raramente un’opera
prima raggiunge livelli qualitativi così elevati. Bravo!
In chiusura: “È così che si uccide”è un romanzo che merita, per cui: buona lettura!
Germania 1939, a pochi mesi dall’inizio della II G.M.
Servizio esclusivo del nostro uomo sul posto, Luigi De Conti.
Da informazioni ricevute si consiglia una ricognizione aerea
della zona di Peenemumde, Germania orientale, affacciata sul Mar Baltico. Un
aereo della R.A.F. è pronto al decollo; l’equipaggio è composto da Amelia
Johnson, pilota ausiliario;