giovedì 11 gennaio 2018

Il codice d'onore dei marines



Capita spesso di rivedere un film relativamente datato che puntualmente ci regala uno spettacolo godibile e attraente, quasi come se fosse la prima volta che lo guardiamo.
Capita molto più raramente di rivedere un film già visto ma di scoprirne aspetti che in precedenza sembravano celati, da dialoghi sfuggiti, sottotrame impercettibili o semplicemente dagli occhi superficiali di un adolescente.
La pellicola di cui voglio parlarvi è Codice d’onore del 1992, un film apparentemente comune incentrato su una causa legale che affronta però una moltitudine di tematiche con una scorrevolezza disarmante e un ritmo incalzante.
Un risultato notevole per il quale sono stati necessari “solo” uno sceneggiatore all’epoca esordiente, Aaron Sorkin (futuro premio Oscar per la sceneggiatura di The Social Network di David Fincher) e un regista come Rob Reiner, già molto noto per film come il racconto generazionale Stand by me, la storia d’amore di Harry ti presento Sally e il celebre thriller Misery non deve morire.

Codice d’onore vede protagonisti Daniel Kaffee (Tom Cruise) giovane ma talentuoso avvocato della marina militare statunitense, alle prese con una causa più grande di lui: difendere due marines innanzi alla corte marziale dall’accusa di omicidio del commilitone Santiago. Supportato nell’impresa da un collegio di difesa costituito dal collega Weinberg (Kevin Pollak) e dal superiore JoAnne Galloway (Demi Moore). L’obiettivo della squadra di difesa sarà quello di provare la non intenzionalità del crimine commesso dai due marines, tentando di dimostrare la loro sola obbedienza ad un ordine impartitogli dall’alto, in particolare ad una procedura denominata “codice rosso”, ritenuta segreta e protetta dall’omertà militare. Le indagini condotte da Kaffee porteranno alla luce i motivi dell’omicidio, l’esecuzione di un ordine che prevedeva una punizione per il soldato Santiago, considerato una zavorra per tutto il reparto, inetto e inadatto agli addestramenti. L’intera difesa verterà sulla ricerca di fatti da portare davanti al giudice ma alla fine le uniche armi che resteranno a Daniel Kaffee saranno l’istinto e il coraggio.

La regia di Reiner è elegante e rigida come lo sfondo della vicenda, fatto da militari e aule di tribunale, e la sceneggiatura di Sorkin è serrata e magnetica. Esempio lampante di come i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi possano fruire da catalizzatori dell’attenzione, il film scorre tutto ad un fiato imponendo allo spettatore di riflettere non solo sulla storia narrata ma anche su temi di grande attualità e di importanza socio-politica.
Questa pellicola, acuta e intelligente, è capace di accrescere l’interesse di chi la guarda sequenza dopo sequenza, passando con estrema naturalezza dalla focalizzazione di un personaggio alle motivazioni che lo muovono, e alle modalità con cui interagisce con gli altri.
Basta poco infatti per comprendere di che pasta è fatto il protagonista, Daniel Kaffee, interpretato dal sorriso beffardo di Cruise. Figlio preceduto dall’ombra di un grande padre passato a miglior vita, un vero principe delle aule di tribunale da tutti considerato inarrivabile. Il giovane avvocato nel tentativo di emularlo e nell’incertezza delle sue azioni, capirà di dover agire scevro della figura incombente del genitore, e di dover seguire il proprio istinto.
Bastano poche ma giuste parole anche per delineare il personaggio del capitano di corvetta Galloway, una Demi Moore all’apice della bellezza e del talento, guidata dalla quasi ossessiva ambizione di dover sembrare un “bravo avvocato” agli occhi di tutti, e che non tarda molto ad assumere il ruolo della coscienza di Kaffee.
Perfetto anche il personaggio di Weinberg, nonché il suo interprete Kevin Pollak, indispensabile assistente di Kaffee nel cui punto di vista lo spettatore si rispecchia tentando di comprendere e giudicare le implicazioni morali della vicenda.
Ma finora abbiamo solo esposto quella che è la parte positiva di tutta la vicenda. Ancora più illustre è la controparte negativa, i cattivi se vogliamo definirli così, ma sarebbe riduttivo.
Si perché in realtà personaggi come il Jack Ross di Kevin Bacon, rappresentante dello Stato contro cui deve vedersela in aula la difesa di Kaffee, o il tenente Kendrick interpretato da Kiefer Sutherland, sempre impeccabile nella caratterizzazione della tipica “carogna”, e infine il colonnello Nathan R. Jessep, portato sullo schermo da un Jack Nicholson a dir poco superbo (candidato al premio Oscar per questo ruolo), sono tutte figure costruite sapientemente tanto quanto la squadra dei “buoni”, e che rendono difficoltosa la definizione del sottile confine della moralità.

Tutta la pellicola è comunque guidata dal carismatico protagonista interpretato da Tom Cruise, bravissimo nei panni di un fresco laureato guidato da un forte intuito e da un marcato talento che gli permetterà di tener testa alla minacciosa e ingombrante figura del col. Jessep (e del suo eminente interprete) il cui stesso monologo durante il serratissimo interrogatorio guidato da Kaffee, volutamente provocatorio per causare l’ira del colonnello nel tentativo di strappargli una confessione, fanno intuire quanto l’obbligo di servire e proteggere un paese possa essere travisato dalla supponenza e dalla brama di potere di un uomo.

CITAZIONI
Io faccio colazione a trecento metri da quattromila cubani addestrati ad uccidermi, quindi non creda di poter venire qui a sventolare un distintivo nella speranza di farmi innervosire. (Col. Nathan R. Jessep)

Chi cazzo è questo William T. Santiago? (Col. Nathan R. Jessep)

Tu non puoi reggere la verità! Figliolo, viviamo in un mondo pieno di muri e quei muri devono essere sorvegliati da uomini col fucile. Chi lo fa questo lavoro, tu? O forse lei, tenente Weinberg? Io ho responsabilità più grandi di quello che voi possiate mai intuire. Voi piangete per Santiago e maledite i Marines. Potete permettervi questo lusso. Vi permettete il lusso di non sapere quello che so io: che la morte di Santiago nella sua tragicità probabilmente ha salvato delle vite, e la mia stessa esistenza, sebbene grottesca e incomprensibile ai vostri occhi, salva delle vite! Voi non volete la verità perché è nei vostri desideri più profondi che in società non si nominano, voi mi volete su quel muro, io vi servo in cima a quel muro. Noi usiamo parole come onore, codice, fedeltà: usiamo queste parole come spina dorsale di una vita spesa per difendere qualcosa. Per voi non sono altro che una barzelletta. Io non ho né il tempo né la voglia di venire qui a spiegare me stesso a un uomo che passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà che io gli fornisco e poi contesta il modo in cui gliela fornisco. Preferirei che mi dicesse la ringrazio e se ne andasse per la sua strada; altrimenti gli suggerirei di prendere un fucile e di mettersi di sentinella. In un modo o nell'altro io me ne sbatto altamente di quelli che lei ritiene siano i suoi diritti! (Col. Nathan R. Jessep)

DIALOGHI
Ten. Daniel Kaffee: Domani mattina gli procuro un nuovo avvocato. Cap. di corvetta Joanne Galloway: Perché hai tanta paura di fare l'avvocato? Le aspettative del papà erano così soffocanti?! Ten. Daniel Kaffee: Oh, ti prego, risparmiami tutte queste psicocazzate sulla figura paterna! Dawson e Downey avranno il loro processo, ma l'avranno con un altro avvocato! Cap. di corvetta Joanne Galloway: Un altro avvocato non gli servirà a niente! Hanno bisogno di te. Tu sai come vincere, tu sai che hanno buone ragioni e sai come farle valere, se ti tiri indietro decidi del loro destino. Ten. Daniel Kaffee: Il loro destino si è compiuto nel momento in cui Santiago è morto. Cap. di corvetta Joanne Galloway: Tu pensi che abbiano buone ragioni?
 Ten. Daniel Kaffee: Markinson è morto. Devo dire che quegli agenti federali sono proprio in gamba, amici... non è che si è impiccato con i lacci delle scarpe o tagliato i polsi con una spatola da burro nascosta nei calzini, questo signore s'è messo in alta uniforme e poi... si è piazzato in mezzo alla stanza, ha estratto una pistola nichelata dalla fondina e si è sparato una pallottola in bocca. E visto che siamo a corto di testimoni ho pensato di farmi una bevutina.

 Cap. di corvetta Joanne Galloway: Chiamiamo Jessep a deporre e mettiamo fine a questa storia! Ten. Daniel Kaffee: Quale possibile vantaggio trarremmo dal chiamare Jessep a deporre?! Cap. di corvetta Joanne Galloway: Lui disse a Kendrick di ordinare il codice rosso. Ten. Daniel Kaffee [sarcastico]: Davvero? Ma è fantastico! Perché non me l'hai detto subito?! E naturalmente avrai anche le prove immagino! Oh, scusa, dimentico sempre che avevi la varicella il giorno in cui insegnavano diritto alla facoltà di legge!!

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