Capita spesso di
rivedere un film relativamente datato che puntualmente ci regala uno spettacolo
godibile e attraente, quasi come se fosse la prima volta che lo guardiamo.
Capita molto più
raramente di rivedere un film già visto ma di scoprirne aspetti che in
precedenza sembravano celati, da dialoghi sfuggiti, sottotrame impercettibili o
semplicemente dagli occhi superficiali di un adolescente.
La pellicola di cui
voglio parlarvi è Codice d’onore del
1992, un film apparentemente comune incentrato su una causa legale che affronta
però una moltitudine di tematiche con una scorrevolezza disarmante e un ritmo
incalzante.
Un risultato
notevole per il quale sono stati necessari “solo” uno sceneggiatore
all’epoca esordiente, Aaron Sorkin (futuro premio Oscar per la sceneggiatura di
The Social Network di David Fincher)
e un regista come Rob Reiner, già molto noto per film come il racconto
generazionale Stand by me, la storia
d’amore di Harry ti presento Sally e
il celebre thriller Misery non deve
morire.
Codice d’onore vede protagonisti Daniel Kaffee (Tom Cruise) giovane ma
talentuoso avvocato della marina militare statunitense, alle prese con una
causa più grande di lui: difendere due marines innanzi alla corte marziale
dall’accusa di omicidio del commilitone Santiago. Supportato nell’impresa da un
collegio di difesa costituito dal collega Weinberg (Kevin Pollak) e dal
superiore JoAnne Galloway (Demi Moore). L’obiettivo della squadra di difesa
sarà quello di provare la non intenzionalità del crimine commesso dai due
marines, tentando di dimostrare la loro sola obbedienza ad un ordine
impartitogli dall’alto, in particolare ad una procedura denominata “codice
rosso”, ritenuta segreta e protetta dall’omertà militare. Le indagini condotte
da Kaffee porteranno alla luce i motivi dell’omicidio, l’esecuzione di un
ordine che prevedeva una punizione per il soldato Santiago, considerato una
zavorra per tutto il reparto, inetto e inadatto agli addestramenti. L’intera
difesa verterà sulla ricerca di fatti da portare davanti al giudice ma alla
fine le uniche armi che resteranno a Daniel Kaffee saranno l’istinto e il
coraggio.
La regia di Reiner
è elegante e rigida come lo sfondo della vicenda, fatto da militari e aule di
tribunale, e la sceneggiatura di Sorkin è serrata e magnetica. Esempio lampante
di come i dialoghi e la caratterizzazione dei personaggi possano fruire da
catalizzatori dell’attenzione, il film scorre tutto ad un fiato imponendo allo
spettatore di riflettere non solo sulla storia narrata ma anche su temi di
grande attualità e di importanza socio-politica.
Questa pellicola,
acuta e intelligente, è capace di accrescere l’interesse di chi la guarda
sequenza dopo sequenza, passando con estrema naturalezza dalla focalizzazione
di un personaggio alle motivazioni che lo muovono, e alle modalità con cui
interagisce con gli altri.
Basta poco infatti
per comprendere di che pasta è fatto il protagonista, Daniel Kaffee,
interpretato dal sorriso beffardo di Cruise. Figlio preceduto dall’ombra di un
grande padre passato a miglior vita, un vero principe delle aule di tribunale
da tutti considerato inarrivabile. Il giovane avvocato nel tentativo di
emularlo e nell’incertezza delle sue azioni, capirà di dover agire scevro della
figura incombente del genitore, e di dover seguire il proprio istinto.
Bastano poche ma
giuste parole anche per delineare il personaggio del capitano di corvetta
Galloway, una Demi Moore all’apice della bellezza e del talento, guidata dalla
quasi ossessiva ambizione di dover sembrare un “bravo avvocato” agli occhi di
tutti, e che non tarda molto ad assumere il ruolo della coscienza di Kaffee.
Perfetto anche il
personaggio di Weinberg, nonché il suo interprete Kevin Pollak, indispensabile assistente
di Kaffee nel cui punto di vista lo spettatore si rispecchia tentando di
comprendere e giudicare le implicazioni morali della vicenda.
Ma finora abbiamo
solo esposto quella che è la parte positiva di tutta la vicenda. Ancora più
illustre è la controparte negativa, i cattivi se vogliamo definirli così, ma
sarebbe riduttivo.
Si perché in realtà
personaggi come il Jack Ross di Kevin Bacon, rappresentante dello Stato contro
cui deve vedersela in aula la difesa di Kaffee, o il tenente Kendrick
interpretato da Kiefer Sutherland, sempre impeccabile nella caratterizzazione
della tipica “carogna”, e infine il colonnello Nathan R. Jessep, portato sullo
schermo da un Jack Nicholson a dir poco superbo (candidato al premio Oscar per
questo ruolo), sono tutte figure costruite sapientemente tanto quanto la
squadra dei “buoni”, e che rendono difficoltosa la definizione del sottile
confine della moralità.
Tutta la pellicola
è comunque guidata dal carismatico protagonista interpretato da Tom Cruise,
bravissimo nei panni di un fresco laureato guidato da un forte intuito e da un
marcato talento che gli permetterà di tener testa alla minacciosa e ingombrante
figura del col. Jessep (e del suo eminente interprete) il cui stesso monologo
durante il serratissimo interrogatorio guidato da Kaffee, volutamente
provocatorio per causare l’ira del colonnello nel tentativo di strappargli una
confessione, fanno intuire quanto l’obbligo di servire e proteggere un paese
possa essere travisato dalla supponenza e dalla brama di potere di un uomo.
CITAZIONI
Io faccio colazione a trecento metri da quattromila cubani addestrati ad
uccidermi, quindi non creda di poter venire qui a sventolare un
distintivo nella speranza di farmi innervosire. (Col. Nathan R. Jessep)
Chi cazzo è questo William T. Santiago? (Col. Nathan R. Jessep)
Tu non puoi reggere la verità!
Figliolo, viviamo in un mondo pieno di muri e quei muri devono essere
sorvegliati da uomini col fucile. Chi lo fa questo lavoro, tu? O forse
lei, tenente Weinberg? Io ho responsabilità più grandi di quello che voi
possiate mai intuire. Voi piangete per Santiago e maledite i Marines.
Potete permettervi questo lusso. Vi permettete il lusso di non sapere
quello che so io: che la morte di Santiago nella sua tragicità
probabilmente ha salvato delle vite, e la mia stessa esistenza, sebbene
grottesca e incomprensibile ai vostri occhi, salva delle vite! Voi non
volete la verità perché è nei vostri desideri più profondi che in
società non si nominano, voi mi volete su quel muro, io vi servo
in cima a quel muro. Noi usiamo parole come onore, codice, fedeltà:
usiamo queste parole come spina dorsale di una vita spesa per difendere
qualcosa. Per voi non sono altro che una barzelletta. Io non ho né il
tempo né la voglia di venire qui a spiegare me stesso a un uomo che
passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà che io
gli fornisco e poi contesta il modo in cui gliela fornisco. Preferirei
che mi dicesse la ringrazio e se ne andasse per la sua strada;
altrimenti gli suggerirei di prendere un fucile e di mettersi di
sentinella. In un modo o nell'altro io me ne sbatto altamente di quelli
che lei ritiene siano i suoi diritti! (Col. Nathan R. Jessep)
DIALOGHI
Ten. Daniel Kaffee: Domani mattina gli procuro un nuovo avvocato.
Cap. di corvetta Joanne Galloway: Perché hai tanta paura di fare l'avvocato? Le aspettative del papà erano così soffocanti?!
Ten. Daniel Kaffee: Oh, ti prego, risparmiami tutte queste
psicocazzate sulla figura paterna! Dawson e Downey avranno il loro
processo, ma l'avranno con un altro avvocato!
Cap. di corvetta Joanne Galloway: Un altro avvocato non gli
servirà a niente! Hanno bisogno di te. Tu sai come vincere, tu sai che
hanno buone ragioni e sai come farle valere, se ti tiri indietro decidi
del loro destino.
Ten. Daniel Kaffee: Il loro destino si è compiuto nel momento in cui Santiago è morto.
Cap. di corvetta Joanne Galloway: Tu pensi che abbiano buone ragioni?
Ten. Daniel Kaffee: Markinson è morto. Devo dire che quegli
agenti federali sono proprio in gamba, amici... non è che si è impiccato
con i lacci delle scarpe o tagliato i polsi con una spatola da burro
nascosta nei calzini, questo signore s'è messo in alta uniforme e poi...
si è piazzato in mezzo alla stanza, ha estratto una pistola nichelata
dalla fondina e si è sparato una pallottola in bocca. E visto che siamo a
corto di testimoni ho pensato di farmi una bevutina.
Cap. di corvetta Joanne Galloway: Chiamiamo Jessep a deporre e mettiamo fine a questa storia!
Ten. Daniel Kaffee: Quale possibile vantaggio trarremmo dal chiamare Jessep a deporre?!
Cap. di corvetta Joanne Galloway: Lui disse a Kendrick di ordinare il codice rosso.
Ten. Daniel Kaffee [sarcastico]:
Davvero? Ma è fantastico! Perché non me l'hai detto subito?! E
naturalmente avrai anche le prove immagino! Oh, scusa, dimentico sempre
che avevi la varicella il giorno in cui insegnavano diritto alla facoltà
di legge!!
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