Undici stagioni. Non di una serie TV. Di partite vere, vissute, sudate sugli spalti
con l’occhio strizzato, le ginocchia accavallate e la mascella serrata nello
sforzo di capire. Undici stagioni di basket per non capire, alla fine,
assolutamente niente.
Era il 2014 quando Vito mi trascinò alla mia prima partita della
Fortitudo. Mi aveva detto: “Vedrai, è bellissimo. Velocità, strategia,
intensità, rispetto delle regole”. Trovai dieci tizi (tutti sopra il metro e
novanta) che si inseguono in mutande urlandosi addosso mentre un gruppo di tre arbitri
fischia a caso, con l’espressione ieratica di chi ha appena visto la Madonna.
La prima volta fu uno shock. Abituata al calcio in TV, dove
vedi due o tre gol a partita, se va bene, mi ritrovai in un tripudio di
canestri, contropiedi, urla e musica da discoteca. Ogni due secondi qualcuno faceva
canestro. Ogni tre, qualcuno fischiava. Il pubblico non sta mai zitto:
applaude, insulta, canta, bestemmia, ride, piange.
Ma poi arriva il momento chiave. Il fischio. Il famoso,
temuto, inspiegabile fischio. Gli arbitri, entità sovrannaturali armate di cinismo,
interrompono il gioco. Fischiano.
Il mistero non è il perché abbiano fischiato. Il mistero è
per chi. A favore o contro? Il fallo lo ha subito l’omone vestito di bianco o
quello vestito di blu? È colpa sua o gliel’hanno fatta? E soprattutto: perché
la sua faccia non esprime né colpa né innocenza, ma solo un vago disprezzo
esistenziale?
Per capire, io mi affido all’unico oracolo rimasto: il volto
del tifoso. Guardo la curva. Se è incazzata, il fischio è contro. Se esulta allora
è a favore. In pratica, seguo la partita leggendo le espressioni. Il gioco lo
capirò mai? No. Ma il linguaggio universale dello sdegno è chiaro come il sole
a mezzogiorno.
Una volta ho persino chiesto a Vito: “Perché hanno fischiato
adesso?”. Mi ha guardata con commiserazione, poi ha pronunciato la frase che
chiude ogni spiraglio di dialogo tra i sapiens e i Neandertal dello sport:
“Eh, ma quelli erano passi.”
Passi? Dove? Perché? Chi li ha fatti? E quanti erano?
Dopo undici stagioni, ogni volta che vado al palazzetto mi
sento spaesata, bombardata da suoni, ma perfettamente felice di esserci pur non
capendo nulla.
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