Soldi, droga, alcool, sesso, omofobia, malattia e farmaci. Questi i termini in cui si può facilmente identificare questo prodotto cinematografico;
parole non dette ma ugualmente
ridondanti durante tutta la visione di un film al cui centro vi è
l’attaccamento alla vita di un uomo. Un uomo costretto alla sopravvivenza che
come dice lo stesso protagonista “lotta per una vita che non ha il tempo di
vivere”.
L’aspetto più
affascinante della storia (vera) narrata è l’estremo bisogno di vivere la
propria vita senza apparenti motivi, valori, principi, affetti, solo viverla
per quella che è, anche se ciò significa mantenere una quotidianità rozza e non
strettamente moralistica. Qui viene infatti espletato il diritto di vivere da
parte di tutti, anche di una persona che arrotonda lo stipendio piazzando
scommesse clandestine per poi scappare via con tutta la posta in gioco in
tasca.
Ma questa è solo
l’apparenza. La realtà dei fatti è che gli eventi in cui ci imbattiamo ci
cambiano.
Allora possiamo vedere
Ron Woodroof, il protagonista di questa storia (interpretato da un ipnotico Mattew
McConaughey qui emaciato quasi quanto Christian Bale ai tempi de L’uomo senza sonno) il quale pur
restando appeso a vizi ed eccessi che logorano corpo e anima, agisce consapevolmente
non più solo per se stesso ma per la collettività.
E’ il 1986 quando al
texano Ron viene diagnosticato l’AIDS e gli vengono prognosticati 30 giorni di
vita. Inizialmente incredulo, Ron comincia a documentarsi sull’argomento. Quando scopre
che i medicinali efficaci per aiutarlo a sopravvivere un pò più a lungo non
sono approvati per la somministrazione ai pazienti, Ron inizia a
contrabbandarli avviando una campagna contro le case farmaceutiche e contro i
medici che secondo lui millantano la volontà di salvare le vite altrui.
La vicenda del ribelle
elettricista Ron viene narrata in modo secco e asciutto dalla regia del
canadese Jean-Marc Vallèe che con mano decisa dirige McConaughey, un attore
talentuoso dalla carriera variegata (ricorderete Il momento di uccidere di Joel Schumacher o Tropic Thunder di Ben Stiller) che in questi ultimi anni sta
raggiungendo le sue note più alte di qualità artistica, prendendo parte a film
quali The Wolf of Wall Street di
Martin Scorsese nonché l’imminente Interstellar
di Christopher Nolan. Insomma un uomo considerato il più sexy del mondo che
come tanti ha iniziato grazie alla sua bella faccia e ai suoi addominali e che sta
dimostrando che dietro a questi requisti c’è anche un attore.
Da non dimenticare gli
altri personaggi e i relativi interpreti, uno su tutti il transgender Rayon
portato in scena da Jared Leto, altro attore trasformista che qui definire
comprimario è poco. E’ quasi il perno su cui ruota l’evoluzione emozionale e
culturale del personaggio principale che prosegue la sua strada tentando di
raggiungere il più semplice e fondamentale degli obiettivi: vivere il più
possibile.
Dallas Buyers Club
scorre dritto per quasi due ore, spalmando temi importanti e di forte impatto
per la società contemporanea lungo il cammino del protagonista il quale ritrova
il valore della propria esistenza, mostrandoci che ognuno di noi può fare la
differenza, per se e per gli altri.
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