sabato 5 ottobre 2024

Come ho scoperto la Mindfulness

 


Non avevo mai sentito parlare di "Mindfulness" fino a quando non è comparsa l’ opportunità di partecipare a un corso. E lasciatemi dire, neanche l'ombra di cosa aspettarmi. Grazie a Google, ho scoperto che è qualcosa che ha a che fare la consapevolezza e la filosofia buddista.  Quel tanto che basta a incuriosirmi.  Chi, oggi, è veramente consapevole? Io no di certo.  Non sono  neanche sicura di chi io sia veramente, a volte mi sembra di barare persino con me stessa. Sono consapevole delle mie capacità? O delle mie incapacità, quando l'autocritica mi sommerge di dubbi? Sono consapevole degli stronzi che mi circondano, oppure, presa da mille cose mi sto “inconsapevolmente” perdendo un sacco di cose belle.

Ma al di là di queste mie riflessioni esistenziali, c'è uno degli esercizi della mindfulness che mi ha colpito e richiede di usare tutti e cinque i sensi in una qualsiasi attività quotidiana e "godere del momento".

Chi avrebbe mai avrebbe pensato che fare il caffè potesse diventare un’esperienza sensoriale?! Chi aveva mai notato il packaging della capsula? I colori utilizzati dal grafico, l'effetto plastico, la liscezza della superficie... quel suono di apertura della confezione, quasi musica per le mie orecchie.  E poi l'odore! Quel dolce aroma che inizia a fluttuare nell'aria. Mentre assaggio la consistenza della capsula e accendo la macchina, il pulsante rotondo di accensione sa tanto di uno degli anelli di Saturno.

Il fumo del caffè emerge, prima dell’intrigante liquido, come se stesse facendo una pausa per riflettere sulla vita.

Prendo la tazzina, sobria e con una grafica che, oserei dire,  quasi poetica. Ma chi l’avrebbe mai notato prima? Aggiungo lo zucchero e lui affonda dolcemente, quasi come un tuffo in un mare di dolcezza. Colore e odore strepitosi.

Mi sorprendo come un bambino, e mi viene in mente una poesia di Fernando Pessoa che adoro: "so di avere lo stupore di un bimbo…”, una poesia che invita a prestare attenzione ai dettagli senza lasciarsi prendere dai pensieri. “Io non ho filosofia, ho sensi”, dice ancora Pessoa.

E mentre ripeto mentalmente questa poesia non posso fare a meno di pensare che nella frenesia della vita, nel tentativo di rispettare scadenze e impegni, ci stiamo perdendo davvero la bellezza dei dettagli, quelle piccole meraviglie che ci circondano in ogni momento.

L'ansia da referto: qualcosa di cui liberarmi

 


Ci ricasco, ancora una volta. Ogni volta che penso di aver superato una prova, ecco che il destino mi ricorda che la vita è un cerchio. L'ansia da referto è diventata una compagna tossica da oltre un anno, una sensazione che mi fa letteralmente perdere la ragione. Ieri ho effettuato un prelievo di sangue per controllare alcuni malesseri, incluso un test richiesto dall'oculista a causa di un recente problema al mio occhio. Ero convinta di dover attendere fino a lunedì per il referto, ma invece oggi ho ricevuto una notifica che mi avvisava che potevo scaricarlo dal sito.

In un attimo, tutto è cambiato: la mia vita è passata davanti ai miei occhi come un film. Come un automa, mi sono diretta verso il PC, con la sensazione di dirigermi verso il braccio della morte. Ho provato a inserire la password, ma non veniva accettata. Bestemmio in aramaico, mentre il mio cuore va fuori controllo. Quando apro il referto, i valori appena al di fuori della norma mi mandano nel panico. Chiamo il medico, amici, cognate... mi manca solo il notaio per dettare le mie ultime volontà e un prete.

Finalmente, il medico mi richiama dopo aver visto il referto, cercando di tranquillizzarmi. Faccio del mio meglio per recuperare lucidità e arginare i pensieri negativi. Resisto alla tentazione di confrontare i risultati con le analisi precedenti, ma non posso fare a meno di dare un'occhiata, mentre dentro di me cresce il desiderio di gettare al fuoco tutte queste carte. Queste carte demoniache che mi esercitano una pressione insopportabile, che mi mettono sotto scacco. Forse un giorno mi libererò di questa patologia, ma solo per sfinimento, quando finalmente non avrò più la forza e la voglia di farmi del male.

lunedì 1 luglio 2024

Dove andremo a finire?



Sono rimasta esterrefatta nel vedere al Forum di Palermo una marea infinita di individui la cui età media sembra essere attorno ai dodici anni acclamare New Martina, una tizia che si occupa di pellicole e cover per smartphone. Io sinceramente non sapevo nemmeno che gli smartphone avessero bisogno di pellicole, e che queste dovessero essere cambiate regolarmente come l'olio della macchina. Personalmente tengo il mio telefono finché non si spegne da solo dopo anni di onorato servizio, ma sembra che oggi la moda sia quella di cambiare cover e pellicole come se fossero oggetti di culto.

Ma stiamo dicendo davvero? A quell'età i ragazzi nemmeno dovrebbero avere un telefono, figuriamoci preoccuparsi delle pellicole! Molti potrebbero dire che sono semplicemente invidiosa di New Martina e del suo successo, e probabilmente hanno ragione. Vendere libri per me è come compiere una delle fatiche di Ercole, e sicuramente il mio marketing non è paragonabile a quello di questa ragazza che riesce a far sembrare la sostituzione di una pellicola come l'acquisto di un oggetto straordinario.

Noi di VGS Libri, nel frattempo, dobbiamo assistere impotenti mentre genitori trascinano via i bambini che vorrebbero comprare i nostri libri durante le fiere. Vorrei dire a questi genitori: ci rivedremo quando i vostri figli vi chiederanno l’ultimo modello iPhone o di accompagnarli all'ennesimo negozio di New Martina. Ma fino ad allora, continuerermo a lottare per far apprezzare la bellezza e il valore dei libri, nonostante la concorrenza spietata della tecnologia e del consumismo sfrenato.



mercoledì 5 giugno 2024

L’ennesima ultima sigaretta

 

Quando mi trovo di fronte a una situazione difficile, sono la maestra della procrastinazione. Rimando, temporeggio, procrastino all'infinito per non rovinare “il mio momento”. C’è sempre qualcosa di più importante da fare prima, un evento di cui godere, un compito da terminare.

Mi rendo conto però che questa tattica non mi consente di vivere appieno il presente. Mi auto illudo con scuse banali per non dovermi confrontare con ciò che mi mette in difficoltà. È un circolo vizioso, un loop senza fine che mi fa tornare sempre al punto di partenza.

Riflettendo su questa mia abitudine, mi è venuta in mente la storia dell'ultima sigaretta di Zeno, il protagonista inetto creato da Italo Svevo. Ogni volta che Zeno decide di smettere di fumare, cade nella trappola di lasciarsi andare "all'ultima sigaretta" prima di dire addio definitivamente al vizio. Ma l'ultima sigaretta diventa sempre più difficile da abbandonare, diventando un momento quasi sacro che Zeno non riesce mai a rinunciare.

Ogni momento positivo diventa un'occasione per accendere "l'ultima sigaretta", mentre in momenti di tristezza il fumo sembra essere l'unico rifugio per sentirsi meglio. Questa dipendenza è un'illusione, una scusa che ci raccontiamo per restare ancorati a una routine dannosa. Ù

Eppure basterebbe capire che le situazioni difficili si combattono da subito, senza rimandi, senza scuse e senza aspettare l'ennesima "ultima sigaretta".


martedì 4 giugno 2024

Cosa è successo al cinema Astor di Agrigento?


Cosa è successo al Cine Astor, un tempo fiore all'occhiello della città di Agrigento? Le vetrate sbiadite sono un triste spettacolo per chiunque passi di fronte a questo luogo, un tempo vivo di emozioni.
Le risate, gli applausi, le lacrime, tutte le emozioni che solo il cinema sa regalare, erano amplificate da quelle mura che sembravano custodire segreti e storie di vite che si intrecciavano.
Poi, piano piano, le sale si sono svuotate, i film sono stati sostituiti dalle piattaforme e dagli streaming online.
Il cinema Astor è rimasto lì, come un monumento alla nostalgia. E ogni volta che passo di fronte a questo vecchio edificio, sento un nodo alla gola, una malinconia che stringe il cuore.
Chissà se l’Astor rinascerà in questa che è la Capitale della Cultura, se verrà riaperto e restituito alla città o se rimarrà solo un ricordo de “Gli anni più belli”.

lunedì 3 giugno 2024

 


Un libro per tutti i sognatori.
Non a caso il sottotitolo di Le notti bianche, una delle opere più amate e lette di Dostoevskij insieme a Delitto e castigo, è Romanzo sentimentale. Dai ricordi di un sognatore. Ma i veri protagonisti di questa storia sono Pietroburgo, la ringhiera di un canale e una panchina. Sono loro a fare da sfondo alle notti bianche del sognatore.
Il sognatore, di cui non conosciamo il nome, vive isolato dal mondo e dagli uomini, assorto in se stesso, ama leggere qualsiasi genere di libro e questa lettura gli permette di evadere dalla realtà. L’incontro con Nasten’ka accende in lui quel fuoco che solo gli innamorati sanno provare. Un sodalizio che dura poco.
Il tempo di 4 notti.
La prima notte per assaporare la bellezza del primo incontro.
La seconda notte per ascoltarsi.
La terza notte per attendere.
La quarta notte per tornare brutalmente alla realtà.
L’illusione di poter essere un giorno ricambiato si sbriciola molto presto. Ma non importa, il sognatore è grato a Nasten’ka per avergli donato, nonostante le promesse disattese, un istante di autentica felicità.
Come lei stessa gli ricorda: Se ami non ricordi a lungo un’offesa.

Un libro per non morire

C’è un editore, da qualche parte in provincia, che stampa ancora libri. Non solo eBook. Non podcast da sfogliare con le orecchie. Libri veri...